Quante belle parole! Se guardate i siti web dei vari chirurghi e medici operanti nel settore della chirurgia e della medicina estetica o ascoltate le nostre interviste… ma che bello… diciamo tutti le stesse cose e siamo tutti dei super professionisti, superprofessionali, morigerati, studiosi del profilo psicologico dei pazienti e pronti a dire no alle richieste eccessive.
Eppure, se ci guardiamo intorno, c’ è una miriade di donne (e anche qualche uomo) “snaturata” dalla chirurgia e dalla medicina estetica. Chi ne è l’artefice?
Se i volti “innaturali” o “siliconati” (come dicono in gergo i pazienti) circolano vuol dire che qualcuno di noi li ha fatti!
Che tutte quelle mani professate morigerate, sagge, professionali non siano tali? Molto molto… probabile!
Io non sopporto l’ipocrisia. E’ veramente poco elegante e senza senso parlare di se stessi, si finisci solo nelle belle parole di cui sopra. Tanto, appunto, “a parole” siamo tutti santi e sante.
In realtà esiste un mercato sia dell’esagerazione che della bellezza low cost (a scapito della sicurezza) a cui alcuni operatori rispondono senza batter ciglio.
Ma esistono anche pazienti “semplicioni” che credono le “punturine” siano tutte uguali, che le protesi siano tutte uguali e una sala operatoria valga un’altra… e operatori “che ci marciano” usando materiali scadenti ed operando in strutture fatiscenti. Come tutelarsi? Difficile, veramente difficile, per tanti motivi.
Anche la valutazione dei costi non sempre esprime la qualità del servizio.
Se un costo eccessivamente basso deve mettervi in guardia, per contro esistono operatori che chiedono prezzi esorbitanti per prestazioni scadenti sia per preparazione professionale, che per qualità dei materiali che per sicurezza delle strutture.
L’unico modo che abbiamo per tutelarci è farci domande precise e chiedere la documentazione nonché l’attestazione dei materiali utilizzati per ogni prestazione.
Abbiate chiaro che il termine “punturine” indica semplicemente una “modalità di somministrazione” e non il tipo o qualità del materiale impiantato, che le protesi non sono affatto tutte uguali, le strutture sanitarie nemmeno.
Chiedere “dal vivo” al singolo operatore è l’unico modo di tutelarsi.

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